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Zapomniane odmiany jabłek

Zachwycają smakiem, nęcą jędrną skórką – do łask wracają stare odmiany jabłek. Antonówki, kosztele, szare renety czy sztetyny są niezrównane w polskiej kuchni. Do czego można je wykorzystać?

Tekst: Małgorzata Milian-Lewicka

Zdjęcie główne: Zuza Rożek

Opublikowano: 23 Września 2020
Ten artykuł przeczytasz w mniej niż 13 minut!

Stare odmiany kojarzą się z tradycyjnymi wiejskimi sadami. Ich nazwy przywołują wspomnienia z dzieciństwa, kiedy babcie i mamy przygotowywały pulchne racuchy, obficie posypane cukrem pudrem, lub delikatnie kwaskową szarlotkę, a do obiadu podawano aromatyczny kompot ze świeżych lub suszonych owoców. Do każdego z tych dań wybierano konkretną odmianę jabłek, których smak mógł korzystnie wpłynąć na ostateczny efekt albo całkowicie go zepsuć. Jednak w ostatnich latach przestaliśmy nie tylko zwracać uwagę na różne odmiany tych owoców, ale również rozróżniać ich smaki. Na sklepowych półkach dominują amerykańskie gatunki, takie jak lobo, jonagold, idared, gala, które wypierają stare polskie jabłka. Dziś, gdy coraz większą wagę przykładamy do pochodzenia produktów spożywczych, rodzime odmiany wracają do łask, a co za tym idzie – do naszych kuchni i spiżarń. Skąd to wzmożone zainteresowanie dawnymi odmianami?

Jabłka pochodzące z ekologicznych lub przydomowych upraw mają więcej walorów odżywczych

Tradycyjne odmiany charakteryzują się przede wszystkim wyższą odpornością na trudne warunki klimatyczne i choroby, co rekompensuje naprzemienne owocowanie. Jak udowodnili naukowcy ze Szkoły Głównej Gospodarstwa Wiejskiego w Warszawie, odznaczają się również bardziej intensywnym, zróżnicowanym smakiem oraz aromatem w porównaniu z łatwiej dostępnymi odmianami. Ponadto jabłka pochodzące z ekologicznych lub przydomowych upraw mają więcej walorów odżywczych – zawierają więcej witaminy C oraz polifenoli. Dodatkowo większość z nich, o ile zapewni się im odpowiednie warunki, z powodzeniem można przechowywać przez całą zimę.

Antonówki – odmiana jabłek doskonała do soków i przetworów

Nieregularne w kształcie, z początku jasnozielone, z czasem zmieniają odcień na żółty lub delikatnie się zarumieniają – antonówki pojawiają się na straganach wraz z początkiem jesieni. Są twarde i kwaskowate w smaku, a ich gładka skórka przyciąga wyraźnie wyczuwalnym aromatem landrynek. Z tego względu wykorzystywane są przede wszystkim do produkcji soków o charakterystycznym winnym smaku, który znacznie różni się od słodkich odmian deserowych. Antonówki można również zjadać na surowo, ale w tej wersji nie znajdują one zbyt wielu miłośników. Znacznie lepiej sprawdzają się jako dodatek do ciast oraz przetworów, ze względu na dużą zawartość pektyn.

fot. Maciek Niemojewski

Szczególnie polecane są do pieczenia szarlotki. W XIX wieku odmianę tę do „szarlotki z jabłek w kruchym cieście” polecała w „Uniwersalnej książce kucharskiej” Maria Monatowa. Doskonale pasują również do wszelkich musów, marmolad, chutneyów i dżemów. Z antonówki można także wytwarzać wina zwane jabłecznikami oraz octy. Co więcej, ta odmiana jabłek nadaje się nie tylko do suszenia, ale też do…kiszenia. Miłośnicy tradycyjnych przepisów mogą je wykorzystać również do sera jabłkowego, czyli litewskiego przysmaku przypominającego nieco naszą marmoladę. Tę kleistą masę owocową uzyskuje się w trakcie długotrwałego smażenia owoców z cukrem lub miodem. Przepis na ser jabłkowy można znaleźć już w dziewiętnastowiecznym „Praktycznym kucharzu warszawskim”, w „Ilustrowanym kucharzu krakowskim” czy „Kucharce litewskiej”.

Kosztele – gatunki jabłek najlepsze na surowo

Kosztele, nazywane dawniej kosztylkami lub wierzbówką zimową, to najstarsza rodzima odmiana jabłek. W sadach dojrzewają w drugiej połowie września i na początku października. Im dłużej leżakują po zbiorze, tym więcej mają słodyczy – najlepsze są na przełomie listopada i grudnia. Przed wiekami jabłonie tej odmiany rosły w ogrodach wilanowskiego pałacu – kosztele uwielbiali ponoć zarówno królowa Marysieńka, jak i król Jan III Sobieski. Co więcej, według legendy to właśnie jemu zawdzięczamy ich nazwę. Zaskoczony małą ilością owoców z jabłoni władca miał zapytać: „Kosz tylko?”.

Z antonówki można także wytwarzać wina zwane jabłecznikami oraz octy

Do czego wykorzystać kosztele? Jabłka z tej odmiany są soczyste, słodkie i kruche. Z tego względu te niewielkie owoce, wyróżniające się żółtą lub żółtozieloną skórką, można jeść na surowo albo przeznaczyć do suszenia. Przygotujemy z nich na przykład zaostrzające apetyt czipsy jabłkowe. Kosztele można także wykorzystać do przygotowania soków, choć dobrze jest go połączyć z sokami z innych, nieco kwaśniejszych i bardziej soczystych owoców, jak rabarbar czy wiśnia. Dobrze sprawdzą się w racuchach, smażone w cieście naleśnikowym czy jako składnik ciekawych sałatek. Niestety, ze względu na delikatny miąższ, który może się rozpaść podczas gotowania czy pieczenia, kosztele nie nadają się do przetworów i szarlotki.

Sztetyny – jabłka najlepsze do kompotów i pieczenia

Sztetyna zielona oraz jej żółta, zimowa odmiana rodzi duże, lekko spłaszczone owoce o twardej, matowej skórce. Nazwa wywodzi się od niemieckiej nazwy Szczecina, dokąd jabłka zostały sprowadzone około XVII wieku z Czech. Zbiór rozpoczyna się przeważnie w połowie października i to właśnie wtedy należy ich szukać w starych wiejskich sadach czy na targowiskach. Kwaskowate w smaku, soczyste, twarde i z zielonkawym, luźnym miąższem, często są porównywane do renety szarej lub antonówki, stąd z powodzeniem mogą je zastępować. Sztetyny spożywane na surowo nie są zbyt smaczne, lepiej wykorzystać je do pieczenia i gotowania.

Ich winny smak, jeśli wierzyć starym książkom kucharskim, sprawdzi się nie tylko w szarlotce, ale też w innych deserach czy daniach wytrawnych. Lucyna Ćwierczakiewiczowa w „356 obiadach” poleca wykorzystać sztetyny do kompotu i przyprawić je cynamonem i winem. Z kolei Maria Monatowa przygotowywała z nich galarety jabłkowe, które mają „śliczny kolor złota dukatowego”. Jabłka te warto wykorzystać również do podawanych na zimno dań z rybami. Doskonale sprawdzą się w paście ze śledzi z kaparami lub sałatce z sardelami i octem. Dzięki winnemu miąższowi nadają się także do przetworów, które z dodatkiem tych owoców z pewnością nie będą mdłe.

fot. Maciek Niemojewski

Pod niezbyt zachęcającą wierzchnią warstwą kryje się charakterystyczny winny, kwaśno-słodki smak

Renety szare – idealna odmiana jabłek do szarlotek

Dojrzewające pod koniec września jabłka szarej renety odznaczają się okrągłym kształtem, twardym i zielonym miąższem oraz żółtordzawą, szorstką skórką. Pod niezbyt zachęcającą wierzchnią warstwą kryje się charakterystyczny winny, kwaśno-słodki smak. Tuż po zebraniu szara reneta jest dość kwaśna. Dopiero po dłuższym leżakowaniu nabiera słodyczy, mniej więcej w grudniu lub styczniu. Renety są nazywane „jabłkami królowej”, gdyż ich oryginalna, francuska nazwa pochodzi od słowa reine, czyli królowa. Według legendy szarlotką z renety mieli się zajadać Maria Antonina i Ludwik XVI.

Jak wykorzystać w kuchni owoce szarej renety? Oczywiście do szarlotki. Wielu nie wyobraża sobie jej bez charakterystycznego kwaśnego smaku, z którego słynie ta odmiana jabłek. Z powodzeniem można je stosować do przetworów, na przykład konfitur i dżemów, lub przygotować z nich świeżo wyciskane soki. W „Kucharzu polskim” Marii Śleżańskiej znajdziemy na przykład przepis na marmoladę jabłkową z dodatkiem skórki cytryny. Szare renety sprawdzą się także jako farsz pieczonej kaczki oraz w sałatkach – zwłaszcza rybnych. Warto wykorzystać te owoce do typowo wytrawnych dań. Na przykład do zupy dyniowo-jabłkowej czy kremu pietruszkowo-jabłkowego. Z pewnością zasmakują również w wersji deserowej – pieczone z miodem i orzechami lub uprażone i schowane do słoiczka z myślą o mroźnej zimie. Z kolei w „Kucharce litewskiej” Wincentyna Zawadzka radzi, by wykorzystać je do idealnych sorbetów jabłkowych.

#Jabłonki

Na jesień jabłka są najlepsze! Jeśli chcecie spróbować różnych, mniej znanych odmian to wrzesień i październik są najlepszymi momentami na eksperymentowanie. Doskonale o tym wiedzą założyciele Fundacji State of Poland, którzy prowadzą akcję #Jabłonki. Jej celem jest nie tylko promocja polskich jabłek i mnogości ich odmian, ale także w kreatywny sposób zachęcenie do odkrycia kultury sadowniczej w Polsce i przypomnienia przepięknych miejsc, w których wśród jabłoni możemy odpoczywać, bawić się i poznawać jabłkowe sekrety.

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